domenica, Maggio 5, 2024
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Dolby Atmos, una rivoluzione

Autore Furio Capozzi. Immagine Studios Academy.

La Dolby Laboratories nell’Aprile del 2012 ha annunciato, per la prima volta, il lancio di una nuova tecnologia audio surround denominata Dolby Atmos. Fu usata per la prima volta in un film cinematografico : Ribelle -The Brave, dalla Pixar.

La prima installazione del sistema Dolby Atmos fu utilizzata nel Giugno del 2012 al Dolby Theater di Hollywood , California per la proiezione dello stesso Film, e successivamente riutilizzata per altre proiezioni di opere cinematografiche.

Nel 2012 l’installazione era limitata a sole 25 sale in tutto il mondo In Italia la tecnologia e’ stata adottata nei cinema a partire dal 2014 in occasione della uscita del film Transformer 4. attualmente 2.100 sale adottano questo standard dolby Atmos. Dal 2015 lo standard e’ stato adottato anche da sistemi per home video. Diversamente dalla precdente tecnologia che si basava su audio multicanale, questa nuova tecnologia si basa su oggetti sonori, fino ad un massimo di 128, ognuno con proprie caratteristiche e ad ognuno dei quali puo’ essere assegnata una posizione tridimensionale in ambienti che vengono definiti dal modello di produzione. La posizione nello spazio tridimensionale puo’ essere fissa oppure ‘automatizzata’ in un movimento variabile nel tempo. Il sistema dispone di un ‘Renderer’ che assegna agli altoparlanti, posizionati in zona di riproduzione (fino a massimo 64), il suono al fine di rendere una idea di ambiente audio tridimensionale. Gli altoparlanti possono essere posizionati ovunque nella sala, incluso il soffitto, e questo consente di rendere una tridimensionalita’ all’audio. Questo consente di ascoltare, ad esmpio,la pioggia che cade dall’alto, oppure un elicottero che vola sopra il pubblico e cade davanti a terra, in una verosimiglianza rispetto ad una situazione in ambiente reale. Va precisato che per ambiente domestico, a causa della larghezza di banda limitata e la scarsa capacita’ di elaborazione dei sistemi stessi, dolby atmos in questi casi non ha la stessa resa che si ottiene al cinema oppure in ambito commerciale industriale. In sostanza al dolby true hd viene aggiunta una traccia substream codificata spazialmente che pero’ rappresenta solo un mix originale basato su oggetti, ma fusi insieme. In ambito di produzione vi e’ la possibilita’ di renderizzare il prodotto con modelli che consentono l’ascolto binaurale. Per fare questo, i sistemi hanno bisogno di ‘interpretare’ come si comporterebbe il suono quando incontra realmente ‘l’oggetto’ costituito dalla testa dell’ascoltatore e dalle sue orecchie. La Steinberg, con il software Nuendo ed il Plugin di produzione ambisonico immersivo (VST AmbiDecoder) si spinge fino alla rilevazione della immagine dell’orecchio dell’ascoltatore per interpretare come ascolterebbe il segnale che proviene dallo spazio tridimensionale, sulla corretta supposizione che non tutti ascoltano in un ambiente tridimensionale nella stessa maniera. Attualmente tale tecnologia adattata all’ambisonico binaurale e’ adottata da diverse piattaforme consumer e si stanno moltiplicando le produzioni che adottano questa tecnologia per la musica. Ha iniziato Apple a promuovere massicciamente questa tecnologia e stanno seguendo gli altri. Per i software di produzione va segnalato che al momento solo due software hanno il renderer integrato e non necessitano di acquistare da dolby separatamente il renderer, e sono Logi Pro di Apple e Nuendo 11 di Steinberg. Ancora non e’ chiaro come reagira’ il mercato degli utenti musicali, di fronte a questa nuova tecnologia: potrebbe reagire positivamente oppure potrebbe rimanere una tecnologia confinata alla multimedialita’ video nelle sale cinematografiche. Vedremo nei prossimi mesi. Di sicuro quello che notiamo oggi e’ una serie di produzioni, alcune di grande valore artistico, altre di un discutibile buon gusto che fa apparire il prodotto, alla stregua di un esercizio dimostrativo oppure una distorsione della intenzione dell’autore (quando adattate al dolby musiche nate stereo). E’ ad esempio il caso di Let It Be dei beatles che ho avuto modo di ascoltare in dolby atmos e che, in tutta sincerita’, con la esagerata spazialita’, distrae dalla intenzione dell’autore, rispetto alla semplicita’ del messaggio artistico. 

Gli ultimi Asini borghesi

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Di Ermannomaria Capozzi – foto di Wokandapix .Secondo l’ultimo rapporto eurostat I giovani diplomati tra 19 e 34 anni sono gli ultimi tra tutti i paesi europei a trovare un’occupazione. Si tratta del 58% dei ragazzi diplomati o laureati che in tre anni dal conseguimento del titolo di studio trovano un’occupazione. Ancora più significativo è il dato che la differenza di percentuale nel trovare lavoro tra diplomati e laureati a tre anni è solamente l’8%. Il dato è molto significativo perché dietro di noi ci sono paesi come la Grecia o la Spagna che hanno economie più deboli della nostra e che hanno subito le stesse crisi degli anni passati. Il problema quindi non può certo risiedere nel tessuto economico e vanno esaminati quindi gli altri due elementi che incidono nella ricerca del lavoro. Il primo elemento è sicuramente la scuola intesa come situazione comprendente l’università. Il nostro sistema formativo nella sua rigidità ottocentesca prevede esclusivamente tre steps di formazione senza alcuna capacità di adeguarsi al mondo che cambia e senza alcuna possibilità per le aziende di modellare la scelta formativa in base alle sfide del futuro. Esempio di elasticità è la Germania dove esistono corsi post diploma professionalizzanti gestiti e proposti dal mondo del lavoro che permettono ad un ragazzo dopo un diploma di trasformarsi in professionista. La nostra formazione superiore ha programmi per molte materie identici a quelli di due secoli fa. L’università presenta un’offerta statica e teorica che non forma per nulla professionisti adatti al mondo del lavoro aziendale o pubblico che sia. Inoltre l’università subisce il grande fallimento della riforma del 3 + 2 che è stata fatta male e nella direzione sbagliata. I nostri ragazzi quindi cominciano l’università un anno dopo gli altri e frequentano materie assolutamente non attinenti al mondo del lavoro. Ne riprova non solo il chiaro dato statistico dove appariamo ultimi in tutta Europa nella ricerca del lavoro di chi ha un titolo di studio, ma appare ancora più chiaro se osserviamo la presenza italiana nelle istituzioni internazionali europee e mondiali. La scarsa presenza degli italiani nelle organizzazioni internazionali deriva proprio dalla condizione dei nostri studenti che cominciano un anno dopo e frequentano un anno di più e studiano materie che non interessano il mondo intero.
Altro elemento importantissimo per capire questo triste dato che ci vede ultimi in tutta Europa ritengo sia la società italiana e in particolare le famiglie.
La società italiana non ha avuto lo svecchiamento di mentalità che negli ultimi ottant’anni ha pervaso l’Europa. In tutta Europa si è passati da una società con al centro la classe borghese ad una società fluida basata non più su classi sociali ma su idee e desideri che creano passione e come conseguenza professioni. L’ impiegato ottocentesco che a malapena sapeva leggere e scrivere aveva come desiderio comprensibile il far uscire dalla sua condizione i suoi figli.l’unica possibilità per accedere all’ascensore sociale era lo studio. In una società schematica vicina alla piena occupazione lo studio assicurava una condizione sociale migliore una retribuzione più alta ed una condizione in generale della vita più felice. Il mondo economico si è completamente trasformato passando dalla produzione alla finanza comportando così anche per tutte le classi sociali un necessario cambiamento che deve porre le idee e non la conoscenza al centro del miglioramento personale. Il risultato evidente non solo leggendo la statistica che riguarda il tempo per trovare un impiego, ma anche osservando l’ascensore sociale italiana che prevede una diminuzione del reddito dei figli che hanno un titolo di studio più alto rispetto ai genitori.
Se la società italiana non cambierà rapidamente continueremo a sfornare asini borghesi che parlano latino anziché inglese.

Le mezze coscienze odiano i forti

Ieri si e’ vista una pagina di Storia, che purtroppo abbiamo gia avuto modo di vedere noi italiani 100 anni fa, e che si e’ appunto ripetuta: l’attacco fascista alla sede della CGIL. Sembra assurdo scrivere di questo evento nel 2021, ma purtroppo, complice una mancata analisi introspettiva italiana, in relazione alla piaga del fascismo, mai estirpato fino in fondo ed i cui focolai periodicamente riaccendono la loro miccia, si e’ vista ieri, in concomitanza con una manifestazione che protestava sulle scelte del governo in relazione del green pass, una distruzione dei locali sindacali, la minaccia ai giornalisti che riprendevano l’evento ed una aggressione con minacce a chiunque si fosse schierato in difesa della legalita’, ivi inclusi decine di appartenenti alle forze dell’ordine feriti. L’evento, grave anche se isolato dal contesto socio-politico che ha contraddistinto la storia della democrazia italiana, assume un significato diverso alla memoria dei fatti avvenuti nel famoso biennio nero (1921-1922) segnato dall’attacco, indiscriminato e particolarmente violento, che i fascisti lanciarono contro i movimenti operai e le istituzioni ancora delicate, dello stato liberale.

Le squadracce fasciste dopo l’assalto della sede del Comune di Bologna nel Novembre 1920, passarono al saccheggio ed incendio, ad opera di squadracce fasciste, delle Case del Popolo, delle cooperative, delle camere del lavoro, dei circoli culturali, dei sindacati operai, dei circoli ricreativi e delle leghe contadine. In totale nella sola Pianura padana furono 726 gli attacchi sferrati dalla barbarie fascista. Erano, come disse successivamente Pietro Nenni, ‘figli di una Italia che li mandava avanti, a spaventare la gente, a portare confusione…erano gli Arditi plagiati, usati …qualla giovane teppaglia mi faceva orrore e pena’.

Successivamente, il 28 Ottobre del 1922, con la marcia su Roma, Mussolini prese il potere. Seguirono leggi liberticide che hanno segnato per decenni la storia civile e cultirale del paese. Leggi che Mussolini defini’ ”leggi fascistissime”. Inizio’ un ventennio orrendo, il piu’ buio della storia dell’Italia ed uno dei periodi peggiori della storia della umanita’, che termino’ solo nel 25 Aprile del 1945. I focolai fascisti che permangono da 100 anni, hanno periodicamente aggredito nuovamente la CGIL anche nel secondo dopoguerra. Il 26 Ottobre 1955 una bomba esplose nella sede di Corso d’Italia, l’8 Gennaio 1964 una bomba ad alto potenziale e’ esplosa nella medesima sede. Una situazione che si ripete oggi, una nuova aggressione alla sede della CGIL da parte di manifestanti palesemente appartenenti a forze che, in maniera neanche troppo occulta, non hanno fatto segreto della loro appartenenza ideale in alcune dichiarazioni ed obiettivi, a quelli che furono di matrice fascista. La differenza e’ che oggi, forse, la democrazia italiana sia abbastanza forte da saper reagire, anche alla luce delle moderne tecnologie che sanno identificare nel dettaglio i responsabili di queste aggressioni ed anche i mandanti, che stavolta sembrerebbe fossero in prima fila e che sono stati infatti arrestati in attesa di ulteriori indagini. Si tratta di Roberto Fiore e Giuliano Castellino, responsabili di Forza Nuova, attualmente appunto detenuti. Concluderei questo articolo, che vuole sollecitare la memoria storica degli italiani, per evitare che la tolleranza verso atteggiamenti fascisti, possa portare al ripetersi di disastri che ci hanno gia’ messo in ginocchio per decenni, con uno scritto di Antonio Gramsci tratto da Carattere, Il Grido del Popolo (8 Sett 1917) ”Le mezze coscienze odiano i forti, non solo per avversione di idee, ma anche per il solo fatto che sono forti, e mettono in maggior rilievo l’altrui incapacità. Del resto, non bisogna turbarsi per l’odio, come non bisogna esaltarsi per l’ammirazione. L’odio e l’ammirazione non producono. La vita solo produce: la vita che è azione disciplinata, che è fermo proposito, che è volontà sicura e indomabile, che è servizio oscuro dell’individuo per la collettività. La vita di ogni giorno è ricominciata. All’eroismo succede il trito susseguirsi delle piccole cose quotidiane. È nella forza, nella tenacia con cui entro sé stessi e nei rapporti con gli altri si vincono gli scoramenti, si ricrea l’organizzazione, si ritessono i fili innumerevoli che uniscono insieme gli individui di una classe. Osiamo dire che questo eroismo è più produttivo dell’altro. Ha bisogno per essere attuato della continuità indefessa”

I bla bla della pulce Greta

C’era una volta una pulce che viveva su un cane. Si era trovata sulla schiena per caso ma poi come succede spesso si era abituata. Tutte le mattine si svegliava faceva colazione con qualche goccia di sangue succhiato e poi passeggiava liberamente sulla groppa del quadrupede ignaro. La pulce faceva la sua vita beata ormai da tanto tempo, il sangue era caldo e abbondante quindi la sua vita scorreva serena. L’unica cosa che la turbava un pochino era il fatto che il cane avesse molti peli sulla pelle, davano fastidio e non permettevano di succhiare il sangue dappertutto!Un giorno la piccola Pulce sentì che esistevano cani senza peli. C’erano cani con la pelle liscia senza quei brutti peli che impedivano la libertà di succhiare il sangue. La pulce allora comincio a fantasticare un grande cane senza peli dove poter succhiare il sangue in ogni angolo della schiena. Cominciò ad andarsene per tutta la schiena parlando di questo meraviglioso cane senza pelo convincendo così anche le altre pulci a tagliare tutti i peli del cane.Le pulci tutte insieme si misero di buona lena con delle piccole seghe che avevano trovato a tagliare i peli del cane. Taglia oggi e taglia domani il cane si ritrovò glabro.purtroppo arrivò l’inverno e com’era prevedibile il cane si ammalò di influenza e mori’.
Le pulci come immaginerete morirono tutte insieme al cane.
La dolce Greta, piccola pulce in un mondo che non capisce vorrebbe tanto un cane senza peli. Un mondo pulito con fiori al posto del cemento un mondo senza autostrade ma solo con prati….
E così la nostra dolce pulce Greta un giorno convinse tutte le altre pulci a farla finita con questo inquinamento, basta bruciare gas, basta utilizzare il petrolio, la plastica è antica. Basta con le parole bisognava passare ai fatti. Come d’incanto tutte le pulci seguirono Greta ed il risultato fu meraviglioso niente più elettricità niente più plastica niente più inquinamento. Quando la pulce Greta vide questo gran risultato volle immediatamente radunare a sé tutte le pulci per festeggiare il risultato della fine di tutte le cose brutte contro le quali si era battuta. andò immediatamente sui social, per indire grande raduno; ma non esistevano più i social e noi esisteva più Internet senza elettricità. Decise all’ora di ricorrere ai mezzi tradizionali per festeggiare l’accadimento meraviglioso, quindi volle fare un comizio. Salì sul palco che non esisteva più perché nessuno l’aveva trasportato, accese un microfono che nessuno poteva far funzionare senza elettricità. E parlo ad una massa di persone che non c’erano più perché non avevano mezzi per raggiungere il posto.
Povera pulce Greta, da lontano potevi vederla sola nel suo campo di erba con i fiorellini che continuava con il suo Bla Bla Bla Bla Bla Bla…

Articolo di Ermannomaria Capozzi

foto di Sonia Mertens

La Liberta’ di Stampa tra sequestri e dissequestri

Tutto si è svolto nel giro di poche ore: prima un sequestro che mette a rischio la libertà di stampa e nel giro di un giorno la revoca di quel sequestro.

Ma andiamo con ordine. In un primo momento c’è stato l’annuncio di un sequestro preventivo di una testata giornalistica on line.

Il provvedimento aveva colpito Fanpage che aveva ricevuto nella sua redazione la notifica di un provvedimento di sequestro preventivo e di oscuramento da parte del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma.

Secondo le parole dello stesso direttore, che aveva dato la notizia, la ragione del sequestro sembrava essere la natura diffamatoria nei confronti del comandante generale della Guardia di Finanza del contenuto dell’inchiesta Follow the money pubblicata su Dorigon e i fondi della Lega.

A quel punto, però, si mobilita l’opinione pubblica e la politica, vengono annunciate interrogazioni parlamentari, sia in Italia che in Europa, e richieste di ispezioni da parte del Ministero della Giustizia.

La questione non è se l’inchiesta pubblicata sia, o no, diffamatoria: per questo – lo aveva puntualmente riconosciuto lo stesso direttore – l’ordinamento mette a disposizione, in prima battuta il diritto di rettifica e, poi, il processo penale o quello civile dove chi si ritiene danneggiato da un articolo diffamatorio potrà chiedere tutela e il risarcimento del danno.

Il punto fondamentale è che era stato disposto un sequestro preventivo nei confronti della stampa e, cioè, di una testata giornalistica registrata come prevede la legge sia per la stampa cartacea che per quella on line.

Le voci che si sollevano ricordano come la libertà di stampa non tollera sequestri preventivi fuori dai casi previsti dalla legge.

Le ragioni sono presto dette: è la Costituzione, all’articolo 21, a sancire che “la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure” e che “si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili”.

Sebbene non sia la prima volta che la magistratura abbia disposto un sequestro preventivo di una testata giornalista on line, il provvedimento aveva sorpreso tutti.

Aveva sorpreso perché è la stessa giurisprudenza ad aver chiarito che il divieto di procedere a sequestro della stampa è una forma tutela che opera a favore anche delle testate giornalistiche on line in caso di diffamazione.

Sono state le Sezioni Unite penali nel 2015 ad aver affermato a chiare lettere che “la testata giornalistica telematica, in quanto assimilabile funzionalmente a quella tradizionale, rientra nel concetto ampio di stampa e soggiace alla normativa, di rango costituzione e di livello ordinario, che disciplina l’attività d’in­formazione professionale diretta al pubblico. Il giornale on line, al pari di quello cartaceo, non può essere oggetto di sequestro preventivo, eccettuati i casi tassativamente previsti dalla legge, tra i quali non è compreso il reato di diffamazione a mezzo stampa”.

La tutela della stampa opera in tutti i settori ed è stata ancora sempre la giurisprudenza ad aver precisato che la portata del divieto di sequestro preventivo non è limitata ai sequestri penali, ma deve essere estesa anche ad eventuali misure del giudice civile.

“Il contenuto diffamatorio di notizie riportate su giornale o periodico telematico non può essere oggetto, in tutto o in parte, di provvedimento cautelare preventivo o inibitorio, di contenuto equivalente al sequestro preventivo o che ne impedisca o limiti la diffusione, ferma restando la tutela eventualmente concorrente prevista in tema di protezione dei dati personali”.

Ecco allora che, nel giro di circa ventiquattr’ore, la magistratura torna sui propri passi e revoca il provvedimento di sequestro.

La storia sembra, quindi, avere un lieto fine. Tuttavia, occorre mantenere alta l’attenzione sulla libertà della stampa non soltanto quella stampata, ma anche quella on line perché sembra che per qualcuno quest’ultima debba ricevere un trattamento diverso da quella stampata.

Di Fabio Valerini

Il Ministro Cartabia: incoraggiare un approccio consensuale alla soluzione dei conflitti

Questa mattina il Ministro della Giustizia Marta Cartabia ha avuto modo di ribadire l’importanza di metodi consensuali per la gestione dei conflitti e, in particolare, delle controversie giuridiche.

Intervenendo all’inaugurazione della Scuola di alta formazione per avvocati che assistono le parti in procedimenti di negoziazione assistita, mediazione e altri strumenti di a.d.r. organizzata dall’ Unione Nazionale Avvocati per la Mediazione che si è svolta nel palazzo della Corte di Cassazione la Ministra della Giustizia Marta Cartabia ha ribadito un punto che ha sempre caratterizzato il suo programma: l’importanza e la centralità della mediazione nella gestione dei conflitti.

Secondo il Ministro la riforma della giustizia civile, già approvata dal Senato, ha come uno dei pilastri decisivi proprio l’incoraggiamento degli strumenti della giustizia consensuale.

Ma la visione proposta dalla Ministra è a tutto tondo ed è destinata ad applicarsi anche al mondo penale e alla società civile.

“C’è modo e modo per risolvere il conflitto: quando lo si risolve con la spada resta sempre una cicatrice che fatica a ricomporsi, ma quando si ricorre alla mediazione possiamo avere un effetto rigenerativo”.

“La nostra società” – ha concluso la Ministra – “ha bisogno di essere capace di guardare le differenze, le ragioni della divergenza senza mai trasformare il conflitto in un dissidio che non può ricomporsi”.

E per fare questo è importante favorire sia una modalità di gestione dei conflitti fondata sulla mediazione che guardare con attenzione alla formazione di una cultura che possa supportare questo passaggio di paradigma.

articolo e foto di Fabio Valerini

La “sindrome dell’Havana” e il Reseat americano nel sud – est asiatico.


Un vero e proprio giallo diplomatico coperto di mistero, proprio come nei film di spionaggio.  Il caso della “sindrome dell’Havana” è scoppiato alla fine di agosto, proprio mentre era in corso il viaggio della vicepresidente degli Stati Uniti, Kamala Harris. La “sindrome” è stata segnalata in Vietnam, prima dell’arrivo di Kamala ad Hanoi, previsto dopo una tappa a Singapore; tour finalizzata alla definizione di alcuni obiettivi importanti, come in primis, la ridefinizione della presenza Usa nella regione dopo il ritiro dall’Afghanistan. 

Mentre la numero due della Casa Bianca stava per decollare da Singapore verso Hanoi, il suo volo è stato bloccato per ore, dopo un allarme dovuto a due casi di “sindrome dell’Havana”;sindrome che avrebbe colpito due diplomatici statunitensi ad Hanoi. La notizia ha fatto presto il giro del mondo, ed il viaggio della vicepresidente americana è venuto alla ribalta sull stampa internazionale per questo evnto anomalo. 

Ma cos’è la sindrome dell’Havana? La prima volta se ne parló nel 2016, quando  una serie di misteriosi incidenti di salute furono segnalati, per la prima volta, da diplomatici americani nella capitale cubana. 

La sindrome è causata dalla trasmissione di microode, che provocherebbero dei malori: mal di testa, annebbiamenti, perdita della memoria, nausea, problemi all’udito. 

Diverse segnalazioni, in questo anni, sono state fatte da diplomatici americani anche in Germania, Austria, Russia e Cina. L’intelligence americana attribuisce le responsabilità alla Russia, nutrendo il sospetto che si tratti dell’ultima arma segreta utilizzata nella guerra di spionaggio internazionale. 

Non sarebbe allora una semplice coincidenza che la sindrome misteriosa sia apparsa proprio dopo che la vice della Casa Bianca aveva pronunciato parole forti a Singapore, condannando la Cina per le sue incursioni nel mar cinese meridionale. Kamala Harris ha infatti colto l’occasione per  “richiamare all’ordine” Pechino, con una dura condanna contro le politiche aggressive e le pretese egemoniche nell’area dei mari asiatici. La Cina, non da oggi, starebbe esercitando, continue “coercizioni e intimidazioni, rivendicando illegalmente la stragrande maggioranza delle acque del mar Cinese meridionale”. Una minaccia, secondo la Harris,”per i Paesi asiatici”. Le “azioni cinesi minaccerebbeto, inoltre, la sovranità delle nazioni”. In questo senso  la vicepresidente Usa ha, ribadito “il pieno sostegno degli Stati Uniti agli alleati del Sud est asiatico, area di vitale importanza”.

Le dichiarazioni molto bellicose della Harris si inseriscono in un contesto di  guerra fredda tra Cina e Usa, iniziata principalmente con l’amministrazione Biden, che ogg, con il ritiro dall’Afghamistan, rischia anche di perdere il controllo nella regione, lasciando campo libero all’espansionismo del Dragone. 

Forse proprio nella prospettiva di abbassare la tensione crescente tra Usa e Cina, va letto il tentativo di Biden di aprire un canale di dialogo tra i due antagonisti. Dopo le parole forti di Kamala, infatti, è arrivata la telefonata del Presidente americano, . che il 9 settembre ha parlato con il presidente cinese Xi Jinping; iniziativa di conciliazione avvenuta per la prima volta in sette mesi, e dopo poche settimane dal discorso di Hamala Harris a Singapore. 

Biden ha infatti espresso al suo analogo cinese l’auspicio che la “competizione” tra i due Paesi non si traduca in “conflitto”, manifestando la disponibilità degli Stati Uniti a non fare degenerare i rapporti tra i due paesi. Il presidente Biden ha quindi sottolineato l’interesse americano alla pace, alla stabilità e alla prosperità nell’area dell’Indo-Pacifico

foto tratta dal profilo facebook di Kamala Harris

Dal Crocefisso di Stato al Crocefisso Mediato

Si deve o si può esporre il crocifisso nelle scuole? Complice un regio decreto del 1924 che prevede il crocifisso come arredo scolastico, è questa la domanda che, ciclicamente, viene posta e che la Suprema Corte di Cassazione nella composizione a Sezioni Unite ha affrontato con una sentenza deposita ieri.

La risposta appare chiara ed inequivoca: la laicità dello Stato, come supremo valore consacrato nella Costituzione, non è compatibile con l’esposizione autoritaria del crocifisso nelle aule scolastiche.

L’esposizione obbligatoria del crocifisso, al di là del significato che ognuno può attribuire o riconoscergli, è pur sempre un simbolo religioso ed entra in contrasto anche con quell’imparzialità ed equidistanza che devono caratterizzare l’agire e l’apparire delle pubbliche istituzioni nonché con il pluralismo religioso come aspetto del più ampio pluralismo dei valori.

Il principio affermato dalla Suprema Corte è  quindi che l’esposizione del crocifisso non è più atto dovuto, non essendo costituzionalmente consentito imporne la presenza.

Tuttavia, questo non significa – hanno precisato i giudici – che esista un divieto di affissione del simbolo nelle aule scolastiche.

Quando e a che condizioni il crocifisso potrebbe, quindi, essere esposto? 

Ed è qui che la sentenza, in maniera argomentata e convincente, pone nero su bianco come ci si deve comportare in maniera, direi, innovativa.

Chi è alla ricerca di una soluzione facile resterà deluso: non c’è una soluzione buona per tutte le occasioni perché dipende dal contesto.

In realtà, la soluzione risiede nell’individuazione di un metodo per affrontare i problemi fondato sul confronto e sull’ascolto.

L’obiettivo è la ricerca di un “accomodamento ragionevole”, di una soluzione  “mite” ricorrendo a bilanciamenti di tutti i valori coinvolti e alla ragionevolezza. Nessun punto di equilibrio prefissato in anticipo, nessun diritto, valore o bisogno potrà aspirare a essere “tiranno”.

Né regole di maggioranza e né poteri di veto, né decisioni manichee d’autorità: soltanto confronto alla ricerca della soluzione che soddisfi gli interessi coinvolti perché tutti convivono in quel certo luogo (nel caso l’aula scolastica).

Certamente è un metodo che, rispetto ad una soluzione preconfezionata e valida per ogni occasione, necessita di preparazione e, potremmo dire, anche di fatica, di tempo.

Vedere scritto ed affermato in una sentenza della Suprema Corte che quando c’è un conflitto (e potremmo dire qualunque conflitto) l’approccio corretto ed più efficace è quello della mediazione, di cercare ragionevoli accomodamenti e ipotizzare soluzioni anche creative alle problematiche per valorizzare e contemperare, dove possibile, tutti gli interessi coinvolti è un segno importante.

Questo metodo deve essere applicato da tutti (sia dalla pubblica amministrazione, che per definizioni più di ogni altra è chiamata a contemperare interessi diversi, sia dai privati) e, direi, per tutti i conflitti.

Soprattutto, questa sentenza è sia un monito sia una speranza: l’approccio ai conflitti che vedono contrapposti due o più interessi (nel nostro caso il crocifisso, ma potrebbe essere qualunque problema) non devono essere necessariamente risolti con una logica binaria del tipo “si o no” oppure “vinci o perdi”, ma con un approccio mite e caso per caso.

Se questa idea passerà, e ce lo auguriamo proprio, la qualità della vita non potrà che risentirne positivamente.

Un nuovo modello di giornalismo freelance libero

Complici i nuovi media, supportati dalla tecnologia sempre piu’ sofisticata ed economica, sta nascendo una nuova figura di giornalista, il giornalista freelance, che, a differenza di quanto accadeva in passato, non svolge un servizio da libero professionista per diverse societa’ ed organizzazioni, senza avere rapporto di dipendenza con esse, ma offre un servizio rivolgendosi direttamente al pubblico che lo sostiene anche economicamente.

In origine il giornalista freelance, il cui termine deriva da mercenario, ovvero un soldato, che di professione si mette agli ordini di chiunque sia disponibile a pagarlo, che mette al servizio la sua lancia libera, appunto freelance worker. Per chi volesse approfondire la questione etimologica suggeriamo che il termine fu coniato da romanziere Walter Scott nello storico romanzo Ivanhoe (1819). Ora, studiando le nuove tecnologie di trasmissione e di comunicazione, nonche’ di raccolta fondi, e quindi di marketing , e’ possibile per un giornalista, proporsi sul mercato con una propria linea editoriale che, rivolgendosi direttamente al pubblico finale, e’ libera da condizionamenti editoriali imposti da una linea giornalistica del giornale a cui viene venduto il pezzo giornalistico. Questo porta con se una serie di novita’ che spesso nascono dalla possibilita’ di avere delle visioni differenti dal mainstream della informazione che, troppo spesso, e’ condizionato politicamente anche a causa di equilibri dettati da finanziamenti che vengono ricevuti da privati oppure direttamente dagli stati in cui si lavora.

Tipicamente il giornalista freelance opera in situazioni nelle quali operatori tradizionali hanno difficolta’ ad operare, sia per il rischio derivante dalla situazione socio-politica, che potrebbe mettere a rischio il dipendente di una organizzazione stabile con le conseguenze civili e penali che potrebbe essere chiamato a giustificare il datore di lavoro, sia per il fatto che una grande organizzazione ha piu’ difficolta’ a muoversi in anticipo rispetto a notizie di fatti che, essendo in fase nascente e non ancora sviluppate, potrebbero perdersi in un flop, dando origine ad una ingente spesa dovuta all’entita’ della organizzazione. In questo momento, ad esempio, sul territorio teatro di una instabile situazione socio-politica, abbiamo due tipi di giornalisti freelance: il primo, tradizionale, che vende i propri servizi ai mass media tradizionali e ci si riferisce a personaggi quali ad esempio Cecilia Sala, romana di 26 anni, proveniente dalla scuola di Michele Santoro, una delle migliori promesse del giornalismo moderno, i suoi coraggiosi interventi sui fatti che stanno avvenendo in Afganistan sono virali. Spesso ‘vende’ i suoi servizi a media di grandi dimensioni. Sullo stesso modello di Cecilia Sala abbiamo sul campo di Kabul Fausto Biloslavo,giornalista di guerra esperto, che vende servizi al Giornale e che ha collaborato con Panorama, Sky tg24, Tg24, NBC, CBS, NDR, TS, TIME LIFE etc. Dall’altra parte del modello freelance abbiamo giornalisti come Claudio Locatelli, che, con un lavoro coraggioso e quotidiano, condivide le sue dirette esclusivamente sulle sue pagine social, rilasciando occasionalmente delle interviste a giornali terzi, nella figura di personaggio televisivo. Con grande coraggio e capacita’ ha offerto un inedito punto di vista della situazione post partenza dell’ultimo soldato da Kabul ed ha intervistato, primo giornalista al mondo, Zabiullah Mujahid, portavoce dei Talebani al quale rivolse come prima domanda la seguente: “come intendete preparare i vostri combattenti per relazionarsi alle donne?” . La novita’ del suo fare giornalismo e’ proprio nel suo essere indipendente. Nel suo recente post su facebook, pagina al momento seguita da 145.000 follower, nel post fissato in alto, chiede di consentirgli di continuare a documentare in maniera indipendente e direttamente per il pubblico di follower, senza intermediari, quello che succede nel teatro di Kabul, oppure altrove, dove sara’ necessario fare chiarezza giornalistica. Chiaramente qui quello che conta e’ solamente la capacita’ individuale in quanto operare oggi e’ possibile con mezzi economici ed alla portata di tutti: un cellulare prestante, un asta da selfie, sarebbe consigliabile un microfono wireless collegato con il cellulare per consentire il miglioramento della intellegibilita’ del parlato nelle interviste, nelle quali il cellulare e’ distante dal talento. Tutto questo, solo pochi anni fa era impossibile ed il giornalista alla fine non era mai veramente libero.

Di Furio Capozzi

foto tratte dai profili facebook dei giornalisti menzionati

Simpatia per il Green Pass

Signore e signori siamo qui per stupirvi, non sarà magia ma concretezza. Siamo nel 2021, ai vertici di una pandemia globale che ha falciato molti morti e creato problemi economici enormi e gravi. Schiere di politici tentennano sull’obbligatorietà del green pass pensando sia una violazione dei diritti umani, e si cavalca la polemica opponendo dati scientifici o presunti tali.
Siamo nel 2021 signore e signori ed ancora si afferma la validità dell’opinione nella scienza e si esprimono opinioni su di una branca della matematica fondamentale: la statistica.
Quanto vorrei poter esprimere la mia opinione sull’accelerazione dei solidi in caduta libera e contestare l’esperimento pisano di Galilei affermando che un foglio secondo me accelererà meno rispetto ad un kilo di piombo. Quanto vorrei poter affermare che il sole si muove e la terra è ferma (per la cronaca è quello che penso ogni sera al tramonto).
Il mio massimo desiderio sarebbe poter discutere sulla creazione, ma quanto ci conforterebbe poter essere stati creati ad “immagine e somiglianza”? Di chiunque, anche di un delinquente?
Purtroppo siamo cresciuti ed il metodo scientifico ci attanaglia, ci imbriglia alla realtà, in qualche maniera ci schiaccia.
Che bei tempi quando la scienza ufficiale nel ‘700 riteneva che la medicina avesse elementi simpatici ed antipatici ed il vaccino non ponendosi in nessuna di queste categorie non dovesse essere accettata dall’essere umano.
E che meravigliosi tempi nei quali geni assoluti quali Kant e Rousseau potevano discorrere felicemente di filosofia contro i vaccini.
Erano bei tempi signore e signori, giorni di magie e giochi di prestigio, ora sono tempi grigi nei quali dobbiamo credere nella scienza. Tempi tristi nei quali non sei sicuro di morire neppure se ti strappano il cuore dal petto….pensa tu, te ne mettono un altro, anche se lo ritieni ingiusto perché in natura non succede!!

articolo di Ermannomaria Capozzi per Atena Press