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I numeri della poverta’ e le contraddizioni della ripresa

Pandemia, emergenza e ripresa eeconomica. La crisi ha fatto crescere la povertà ai livelli del dopoguerra, mettendo a rischio un terzo della popolazione italiana. Quasi 6 milioni di persone hanno superato il confine con la povertà assoluta.

Povertà e pandemia, un connubio drammatico. Nel 2020, a causa del Covid 19, la povertà, che già in Italia raggiungeva percentuali vertiginose, è cresciuta ulteriormente. I dati pubblicati dall’Istat all’inizio di quest’anno, parlano chiaramente: oltre 5,6 milioni di persone rientrano attualmente in una condizione di povertà assoluta, cioè il 9,4% dei residenti. 

Assistiamo ad una crescita del fenomen, rispetto al  2019, qundo la povertà assoluta era al 7,7% del totale. Inoltre, 2,6 milioni di famiglie si  trovano in uno stato di povertà relativa, il 10,1% rispetto all’11,4% del 2019. Quindi la povertà relativa è diminuita, ma a scapito di quella assoluta che continua a crescere.

Secondo un’indagine della Caritas, nel 2020, a causa del Covid 19, la metà dei nuovi poveri Italiana si è rivolta alle strutture territoriali dell’organizzazione cattolica: un aumento del 48% rispetto al 31% dell’anno precedente. Aumentano le richieste di aiuto degli italiani “delle donne con figli minori e di giovani toccati dal precariato, con contratti a tempo determinato” spiega Federica De Laiso, dell’Ufficio studi della Caritas Italiana. Questo è il quadro che emerge dalle richieste di aiuto che ha spinto numerosi “nuovi poveri” a richiedere assistenza a causa delle conseguenze economiche della pandemia. “Ci hanno chiesto aiuto – continua De Lauso – anche molte persone in cassa integrazione”, laddove si presentavano già situazioni di reddito basso o monoreddito, così come tanti lavoratori autonomi caduti in condizioni di difficoltà. “Tutte persone che si sono aggiunte  a quelle che già conoscevamo, come casalinghe e pensionati”. 

“Ci troviamo di fronte ad un numero indefinito di poveri”, spiega Mons. Benoni Ambarus, direttore della Caritas Romana e vescovo delegato per la Carità. Un numero sempre più alto di “scartat” e di “invisibili”, che, ad esempio a Roma, è difficile contare:“facciamo stime, e dietro ogni numero si nascondono i drammi silenziosi della nostra città”.

Analizzando i dati sulla povertà di oggi, è importante anche cercare le radici del fenomeno. Questo si può fare tornando indietro negli anni e facendo riferimento alle crisi economiche più recenti, spiega Maurizio Fieasco, sociologo. La crisi attuale che “ha portato ad una caduta  del Pil di 9,8 punti”, ha le sue origini in una economia già segnata e che non si era ancora ripresa  “dalle precedenti  crisi del 2008 e 2009 e del  2012 e 2013”. Va anche precisato che a livello istituzionale il fenomeno della povertà non è stato mai valutato e analizzato in modo approfondito.”Queste crisi – continua Fiasco – hanno creato il presupposto per l’estensione di una dimensione e di un rischio di massa, che oggi trova dei numeri simili a quelli dell’nell’immediato dopoguerra”.

Già alla vigilia del lock-down si contavano larghe fasce di popolazione che erano al confine con la linea della povertà.”Tra il 2006 e il 2016 le famiglie in condizione tecnica di fallimento erano aumentate da 1 milione 600 mila a 2 milioni e 200 mila. Altri 5 milioni di famiglie si trovavano in condizioni di equilibrio, ma con riserve fragili”. Secondo uno studio della Banca d’Italia, pubblicato a fine marzo, per più di una famiglia su 20 il reddito si era ridotto, in quegli anni, dal 51% al 100%, per una famiglia su dieci dal 25% al 50%. Il 66% degli italiani ha visto invariato (o aumentato) il proprio reddito; mentre per il restante 34%, cioè 1/3 del paese, questo è diminuito di percentuali più o meno alte, mentre per il 5% si è ridotto di oltre la metà.

Ritornando all’ultimo anno e mezzo, la pandemia ha causato conseguenze devastanti sul sistema economico complessivo, e, di conseguenza, ancora di più per per quelle fasce di popolazione che già prima del marzo 2019 si tovava in una condizione  di squilibrio. Dalla precarietà, dall’incertezza dalla povertà relativa, il salto nel baratro della povertà assulta è stato breve.

Oltre alle recenti politiche governative rivolte al superamento dell’emergenza, e alla ripresa, come il Recovery Found e il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza, nel panorama nazionale non si intravedono ulteriori interventi rivolti a prevenire la povertà e a sostenere la parte di popolazione più esposta.

Il Reddito di cittadinanza, approvato nel marzo 2019, si è rivelato uno strumento sicuramente importante, ma nello stesso tempo insufficiente. In molti casi è stato una soluzione, (sbbene provvisoria), che ha rappresentato un argine alla povertà, sia nel periodo precedente , che durante la pandemia. 

Da uno studio della Caritas risulta che nel 2020 la crescita dei nuclei protetti da questa misura è stato del 43%, con circa 8 miliardi di euro destinati a questo intervento. Il limite emerge però dal fatto che non vi è stata una coincidenza tra la fascia di povertà e quella di quanti hanno usufruito del Reddito di cittadinanza: cioè solo il 44% dei poveri; mentre il restante 56% non ne usufruisce. Contraddizione che dimostra come siano urgenti poitiche e interventi che partano dalla prospettiva degli ultimi e degli “invisibili” di questa società.

articolo di Giuseppe Rotunno

foto in evidenza di Billy Cedeno

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