L’Afganistan, uno Stato di 38 milioni di abitanti, incastonato, senza sbocco al mare, tra il Pakistan, l’Iran, il Turkmenistan, L’Uzbekistan, il Tagikistan e la Cina, sta vivendo in questo periodo storico un nuovo ed importante cambiamento socio-culturale dovuto all’alternanza al potere con il Presidente Ashraf Ghani fuggito dal paese negli Emirati arabi Uniti, senza organizzare una controffensiva alla avanzata dei Talebani, sembrerebbe portando con se 169 milioni prelevati dalle casse dello stato. Questa ultima notizia e’ stata divulgata dall’ambasciatore afgano in Tagikistan Mohammad Zahir Aghbar che ha anche definito il Presidente fuggitivo un ‘Traditore della Patria’.
Per contestualizzare meglio la situazione bisogna tornare indietro di qualche anno e riassumere i punti dello sviluppo politico di uno stato che e’ crocevia di traffici internazionali per la sua posizione unica e che fu teatro delle primissime attivita’ della storia, che e’ stato invaso, in diverse epoche da diverse potenze tra le quali: Indoariani, Medi, Persiani, Greci, Maurya, Impero Kusana, Unni Bianchi, Sasanidi, Arabi, Mongoli, Turchi, Britannici, Sovietici e piu’ recentemente (dal 2001) dagli Stati Uniti. In nessuna di queste occupazioni pero’ gli stati occupanti sono riusciti ad avere un controllo completo sull’area. Questo per diverse ragioni, prima fra tutte la cultura variegata all’interno dello stato, in perenne conflitto tra culture e nazioni all’interno della nazione, in secondo luogo la pressione e gli aiuti esterni di altri stati che hanno sempre alimentato una controffensiva alle occupazioni esterne, questo per motivo di destabilizzare un punto strategico sia politicamente che militarmente, per evitare che sia un avamposto in un area delicata. Ultimamente abbiamo visto due poteri contrapporsi: Quello dei Talebani dal 1996 al 2001 interrotto dalla occupazione Statunitense sulla scia dell’enfasi vendicativa e di prevenzione dopo gli attentati alle Torri Gemelle di New York, appunto nel 2001 con il governo imposto dagli Stati Uniti e terminato miseramente nei giorni scorsi. Innanzitutto andiamo ad analizzare le motivazioni che spingono le forze entranti a governare e quelle uscenti ad andarsene e ad analizzare le motivazioni in base alle quali un esercito di 400.000 soldati armati ed addestrati non ha reagito di fronte a pochi Talebani (60.000) male equipaggiati. Le ragioni che hanno spinto gli stati uniti ad abbandonare l’area sono spinti da un sempre piu’ basso consenso politico da parte degli elettori americani che non capiscono piu’ quale sia l’interesse a perdere migliaia di vite umane (oltre 2.000 al momento) e miliardi di dollari, per una causa che era partita dall’intento di evitare che si ripetessero fatti del 2001 (oramai lontano venti anni) e che era spinta dalla voglia di vendetta (compiuta con la condanna del paese che aveva ospitato i campi di addestramento degli attentatori a venti anni di guerra). Dall’altra parte il popolo Afgano, i soldati addestrati, i partigiani…dove si trovavano? Che hanno fatto per evitare l’occupazione? Nulla! La motivazione e’ varia, si passa dalla sempre piu’ crescente corruzione all’interno dello Stato Afgano, corruzione che non si e’ avuto voglia o interesse a combattere, i militari mal pagati (dai 160 ai 240 dollari al mese in base al rischio crescente nei territori di impiego) ed infine, probabilmente, la motivazione principale della mancanza totale di controffensiva, la mancata condivisione delle motivazioni democratiche che sono alla bae della costituzione del nuovo Stato Afgano dal 2001, motivazioni a quanto pare imposte dagli Stati Uniti e non condivise dal popolo, il quale, appena ha potuto, ha cambiato fisicamente casacca in poche ore, da quella di militare Afgano all’abito tradizionale Talebano. Questo a rafforzare l’idea sulla base della quale la democrazia non e’ esportabile ma necessita di crescere in un ambiente in cui e’ coltivata la cultura dello stato di diritto e del valore del rispetto dei diritti umani.
Dal lato delle ‘forze di occupazione’, i Talebani, iniziamo a dire che sono nati come ‘partigiani’ per difendere l’Afganistan nella guerriglia che fu successiva al crollo del protettorato Sovietico a seguito del crollo dello stesso. Nascono da una guerra civile sanguinosa che li ha visti prevalere su tagiki e uzbeki. Sono una organizzazione locale di tipo militare e politico che e’ ostile ad adattare la vita del popolo della loro patria ai costumi piu’ moderni delle societa’ evolute del mondo. Questa politica radicale si e’ trasformata in una dura e sanguinaria opposizione nei confronti di ogni oppositore, arrivando a considerare oppositori anche gli infedeli che vivono in altri paesi del mondo e che non si adeguano ai costumi islamici radicali, primo fra tutti gli Stati Uniti.
Ma e’ veramente questa la motivazione che spinge i Talebani a combattere, a morire, a rischiare? Oppure la vera spinta e’ dettata da motivazioni economiche derivanti dallo sfruttamento delle ricchezze delle risorse dell’area, primo fra tutti l’ORO NERO ovvero l’oppio, il papavero da oppio da cui si ricava la materia prima per produrre l’eroina?
Questa considerazione emerge da diversi ambienti intellettuali e ne e’ la conferma il fatto che l’esercito Talebano, tramite la gestione dei campi di coltivazione dell’oppio, abbia avuto accesso a 160 miliardi di euro. Tanto per fare un paragone, tutto l’esercito Afgano e’ stato costituito dagli Stati uniti con una somma di circa 80 miliardi.
L’eroina imperversa in Afganistan dove si stimano in 2,5 milioni gli eroinomani, ma e’ commercializzata in Afganistan il 90./. della eroina mondiale (il residuo 10./. deriva da coltivazioni locali in Messico). L’eroina Afgana rifornisce le mafie mondiali, ma anche le case farmaceutiche che producono morfina e anestetici. Insomma un mercato enorme che ha spinto i Talebani a prendere potere con il consenso dei militari che si sono ‘venduti’ facilmente con la prospettiva di aumentare i loro stipendi entrando a far parte di quello che Saviano ha definito il primo Stato Narcos ufficializzato nel mondo. Certamente c’e’ la violenza, la fissazione di imporre una ideologia religiosa radicale, ma alla base di tutto c’e’ la volonta’ di portare avanti una multinazionale del commercio di stupefacenti, senza uno Stato contrario, ovvero diventando la stessa impresa lo Stato.