giovedì, Aprile 25, 2024
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Quando il rave party diventa reato

Ma qualcuno teme per la libertà di manifestare

di Fabio Valerini

Un nuovo articolo viene inserito nel codice penale, l’articolo prende il numero 434-bis, il reato il nome di “invasione di  terreni  o  edifici  per   raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica”, ma, per tutti, diventa subito il reato che punisce i rave party.

Partiamo dalla Gazzetta Ufficiale pubblicata nella serata del 31 ottobre 2022 dove troviamo il decreto legge n. 162 del 2022 con il quale il Governo, tra gli altri obiettivi, ha voluto introdurre una disposizione per prevenire e contrastare il fenomeno dei raduni.

Non tutti i raduni, ma soltanto quelli dai quali possa derivare un pericolo per l’ordine  pubblico o la pubblica incolumità o la salute pubblica.

Viene punito chi organizza o promuove (e meno gravemente chi partecipa) un raduno con invasione arbitraria da parte di più di cinquanta persone di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, quando da quel raduno può derivarepericolo per l’ordine pubblico o l’incolumitàpubblica o la  salute  pubblica.

Una formulazione (che qui abbiamo rivisto per ragioni di sintesi) che ha lasciato perplessi gli addetti ai lavori per la tecnica redazionale e che ha fatto sorgere due grandi questioni: da una parte, una critica al Governo per una scelta giudicata liberticida, dall’altra la riflessione sul perché dell’introduzione di questa nuova norma.

Iniziamo da quest’ultimo dubbio, quello sulla finalità del decreto legge che sorge pensando ad una coincidenza temporale: la pubblicazione del decreto legge segue il successo delle forze dell’ordine nello sgomberare il rave party di Modena.

È stato sicuramente un successo della mediazione delle forze dell’ordine con i presenti al raduno, ma anche dell’esistenza di strumenti giuridici che già esistono per fronteggiare simili evenienze e che, anche prima del nuovo articolo 434-bis cod. pen., potevano costituire reato.

Se in casi come questi non fosse ipotizzabile alcun reato il sequestro di materiale audio per 150 mila euro eseguito nel caso del rave party di Modena avrebbe vita breve, ma prima ancora l’opera della polizia giudiziaria.

Non è, quindi, che fino ad oggi il rave party a cui ha pensato il Governo nell’adottare il decreto legge (e, cioè, quello da cui possa derivare un pericolo per l’ordine pubblico  o la pubblica incolumità o la salute pubblica) non fosse penalmente perseguibile.

Ed allora dove risiede la novità del decreto legge?

Una prima novità potrebbe essere di tipo politico nel senso che l’approvazione di una norma ad hoc rappresenta anche una norma di bandiera per comunicare chiaramente che l’organizzazione e anche la partecipazione ad un raduno che mette in pericolo l’ordine pubblico, l’incolumità pubblica e la sicurezza è senz’altro un disvalore tant’è che è reato.

Una novità, però, più apparente che reale dal momento che tutt’al più questa norma potrebbe servire come un reminder o anche un rafforzamento di ciò che già era possibile ieri.

Pensiamo che non è passato molto tempo dall’iniziativa del precedente Ministro dell’Interno che aveva adottato – a legislazione allora vigente – una direttiva per intervenire sulle modalità di manifestare contemperando “i diritti di chi dissente proteggendo però le attività economiche e la salute dei cittadini”: l’anno scorso avevamo titolato “manifestare e’ un diritto ma deve anche comportare dei doveri” (https://atenapress.online/2021/11/11/manifestare-e-un-diritto-ma-deve-anche-comportare-dei-doveri/ ).

Una seconda novità potrebbe essere di tipo giuridico e attiene alla cassetta degli attrezzi di cui le forze dell’ordine, la polizia giudiziaria e la magistratura potranno avvalersi: il reato oggi è un reato contro l’incolumità pubblica (insieme alla strage, l’incendio, l’inondazione, frana o valanga, il naufragio o disastro aviatorio, crollo), le pene previste per gli organizzatori (da due a sei anni) consentiranno le intercettazioni telefoniche e la confisca delle cose che servirono  o  furono destinate a commettere il reato e di quelle utilizzate per le  le  finalita’ dell’occupazione.

Veniamo ora al tema politico posto da chi ha criticato la scelta del Governo ipotizzando che essa possa prestarsi a letture liberticide perché potrebbe essere applicata a molti casi come, ad esempio, nei confronti di chi manifesta (per la casa, per il lavoro o per l’ambiente) o per chi occupa una scuola.

Tuttavia, di per sé, questa norma non sembra proprio possa determinare un attentato alla libertà di manifestare.

Il diritto di riunirsi e di manifestare è tutelato dalla nostra Costituzione che precisa anche se la riunione avviene in un luogo pubblico chi organizza deve dare avviso alla pubblica autorità che può vietare quelle manifestazioni soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica.

Non sembra proprio che la nuova norma sia pensata per impedire il diritto di manifestare quando questo viene esercitato secondo le regole del gioco democratico. 

E così pure se chi organizza un evento musicale lo fa nel rispetto delle norme, a protezione anche di chi parteciperà a quell’evento, la nuova norma non avrà spazio applicativo.

Viceversa, chi manifesta fuori dalle regole (comprese le occupazioni scolastiche) già oggi si pone fuori dalla legalità:

Potrà forse invocare come causa di giustificazione l’esercizio di un diritto come quello per la casa, per il lavoro o per l’ambiente: ma questa è questione generale su cui si può discutere a lungo e non tocca il nuovo reato diversamente da come tocca gli altri reati astrattamente ipotizzabili sino ad oggi.

Rispetto a questi temi, però, la nuova norma non aggiunge nulla: si potrà discutere di alcuni aspetti (come quello della pena, ad esempio, o della formulazione della fattispecie oppure ancora dell’esistenza delle ragioni di urgenza che possano aver giustificato  il ricorso al decreto legge)  e il passaggio parlamentare per la conversione in legge, si spera, sarà proprio il momento per un’approfondita riflessione.

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