Di Fausto Demetrio.
Ultimamente sentiamo parlare di Dolby Atmos riferito alla musica, ma dobbiamo sapere che Atmos è una tecnologia sviluppata da Dolby Laboratories per permettere all’ascoltatore di fruire di un’esperienza sonora coinvolgente e scalabile, quindi non solo in un ambiente tarato come può essere una sala mix o al cinema, ma anche in auto o in un home theater.
L’Atmos è stato prima applicato nel cinema nel 2012, con un sistema di diffusione che può comprendere fino a 64 canali discreti, per offrire all’ascoltatore una precisione mai avuta prima nella provenienza del suono, e successivamente per l’home entertainment.
Recentemente Dolby ha definito le caratteristiche degli studi Atmos Music, per permettere la produzione e il mixing di musica con questa tecnologia.
La scalabilità
Le due caratteristiche fondamentali di questo sistema sono la precisione spaziale della sorgente sonora e la scalabilità. Per scalabilità intendiamo la capacità del sistema di essere in grado di far percepire le stesse sensazioni all’ascoltatore sia in una sala con molti diffusori, che con meno diffusori.
Un mix audio “stampato” in 5.1 o 7.1 andrebbe ascoltato con lo stesso numero di diffusori per il quale è stato ideato, altrimenti il risultato è un’importante alterazione della percezione sonora. Stesso discorso per quanto riguarda volume e distanze. Anche la proporzionalità dei movimenti di pan si va a perdere se il sistema di diffusione e la proporzione delle dimensioni della sala di ascolto non è il più simile possibile alla sala dove è stato effettuato il mix.
Dal punto di vista cinematografico, il problema è stato risolto con la standardizzazione delle specifiche sale mix e dei cinema. Problema rimasto irrisolto però nei sistemi home theater non hi-end.
Dolby ha creato il sistema Atmos, offrendo un risultato sonoro mai avuto prima, e riproducibile su sistemi differenti.
A parità di equalizzazione nel mix, la percezione di un suono che proviene da davanti, da lato o da dietro, è completamente diversa. Tante ore di mix sono state perse per rendere più credibile la provenienza del suono. Se il suono è in movimento c’è ancora più lavoro da fare per il fonico.
Il sistema Atmos, con molti diffusori, elimina questi problemi. Elimina anche i problemi di riproduzione perchè l’elaborazione è affidata ad un processore che decodifica e ripropone nel sistema di diffusione le stesse caratteristiche della sala mix.

Il “master” Atmos è un multi-traccia composto da “Bed”, “Object” e meta-data. Possiamo pensare ai Bed come a degli stem 7.1 o 9.1 o 7.1.2, e agli Object come singole tracce sonore accompagnate da coordinate spaziali per il posizionamento tridimensionale. Il primo numero di “7.1.2” è riferito alla quantità di diffusori intorno a noi, il secondo è il canale Lfe, e il terzo numero è la quantità di diffusori sul soffitto, per ottenere realmente un posizionamento tridimensionale del suono.
Un master Atmos è attualmente in grado di contenere fino a 128 oggetti a 48 KHz, 24 bit.
Gli Object, accompagnati dai meta-data, rappresentano la più grande innovazione del sistema. Un mix effettuato in una sala 9.1.6 può essere riprodotto con la stessa precisione di provenienza del suono anche in una sala 7.1.4 o in un cinema con più diffusori, perchè i metadata che accompagnano il suono “Object” lo riposizioneranno nel punto corretto.
Le sale mix
Dopo anni di esperienza nel cinema, Dolby ha riadattato queste specifiche anche nell’Home Entertainment prima e nel mondo musicale poi con il Dolby Atmos Music.
Le sale mix Dolby Atmos Music, per essere definite tali, devono avere determinate caratteristiche standardizzate. Tra le principali: 85 dB di pressione sonora per diffusore, più 20 dB di headroom, ulteriori 10 dB per il canale Lfe, e una determinata curva di ottimizzazione dell’equalizzazione. Esiste un range di parametri ampio ma ben definito per quanto riguarda le dimensioni o la risposta in frequenza della stanza, quindi un trattamento adeguato della regia è fondamentale per riuscire a rientrare nelle specifiche richieste da Dolby.
Non esiste una “certificazione Dolby” per le sale mix, come avvenuto in passato per le sale cinema e l’home entertainment, però gli studi che rispettano le specifiche vengono pubblicati e “listati” (su richiesta) sul loro sito web – alle pagine ‘Dolby Music’.
La standardizzazione delle regie di mixing è veramente un fattore fondamentale per fare in modo che ci sia coerenza tra ciò che si sente in sala mix e ciò che verrà riprodotto dai diversi player nelle diverse configurazioni.
Tutti i sistemi di riproduzione più piccoli di un 7.1.4 non fanno altro che cercare di emulare al meglio la configurazione 7.1.4. Da una parte ci pensa il decoder di Dolby a riposizionare gli oggetti nel modo giusto, dall’altra le componenti hardware del sistema di playback e eventuali ulteriori processi che ogni azienda può decidere di apportare.
Ascolto in cuffia
L’ascolto in cuffia è solo uno dei tanti ‘renders’ che si possono generare da un file master Dolby Atmos. L’ascolto è di tipo binaurale, quindi si ha la percezione che i suoni provengano da dietro e dall’alto, come in un mix ascoltato attraverso i monitor.
Dal renderer di Dolby è possibile avere una preview di come il file verrà suonato da Tidal e da Amazon, ma non è possibile, ad oggi, avere in tempo reale una preview del file che verrà pubblicato su Apple Music, perché quest’ultima applica un proprio post-processing proprietario (che include l’aspetto di binaural rendering), dopo la decodifica dall’Atmos master file, anche se il mix proviene dallo stesso file master che utilizzano altri servizi di streaming.
In qualsiasi configurazione di canali inferiore al 7.1.4 non avviene altro che cercare di riprodurre la stessa sensazione del sistema di mix, e non è detto che gli algoritmi e gli hardware di riproduzione non possano essere migliorati nel tempo per ottenere rappresentazioni sempre più credibili. Per questo motivo è fondamentale monitorare il mix in sale calibrate con la curva Dolby e alla giusta pressione sonora. Anche se la riproduzione dei downmix è sorprendentemente fedele non significa che non sia migliorabile. Perdonatemi per l’esempio estremo: mixare in cuffia un prodotto Atmos è come pretendere di voler mixare in mono un prodotto stereo, in realtà è ancora peggio. Non si ha la certezza di quello che succede nelle configurazioni superiori.
E’ altrettanto sbagliato voler installare soundbar in regie musicali. Anche se molte soundbar sono dotate di sistemi di calibrazione per adattarsi agli ambienti di riproduzione, sono progettate per essere ascoltate in ambienti casalinghi, con il soffitto riflettente e non trattato acusticamente come quello di una sala mix.
Un ascolto in cuffia o a casa del nostro mix può essere utile, ma è fondamentale che il mix suoni corretto in studio, allora lo sarà anche sugli altri sistemi di riproduzione.
Dolby Atmos è la più grande rivoluzione nel mondo audio avvenuta dal passaggio al digitale. Per la prima volta la musica si ascolta a 24 bit, e lavorando ad un mix Atmos si scopre che c’è una quantità di “spazio” mai avuto prima. L’utilizzo di equalizzatore e compressore si riduce drasticamente ma non bisogna sottovalutare assolutamente il tempo necessario per approcciare e apprezzare il meglio che può offrire questa nuova tecnologia.
Secondo me almeno per mia esperienza diretta dopo alcuni anni che ci ho messo mano, il discorso è vero in entrambe le dichiarazioni. Mi ritrovo in quanto dice Fausto dal punto di vista della “pericolosità” di affidarsi soltanto all’ascolto Binaurale per un mix Atmos. Questo perchè da mie esperienze dirette di mix, un Mix realizzato direttamente in binaurale in cuffia ascoltato su un ascolto 7.1.4 può avere problemi su questi aspetti: Canale C e Canali TOP, oltre alla difficile rapprentazione del canale LFE in binaurale. Tra questi, anche considerando l’importanza del canale stesso, ovvero il C, mi sento di dire che in questo amato canale avvengono le cose più imprevedibili se non si ha sufficiente esperienza. Purtroppo è un canale dove, sia nelle lavorazioni chiamiamole cinema ( ma ci metto dentro tutto anche la TV), sia quelle musicali,ci vanno tanti elementi importanti,in primis la VOCE. In Binaurale un canale C sarà sempre “virtuale”, mentre in un ascolto Atmos ( a differenza delle stereo) abbiamo un canale FISICO al centro al posto del ghost. Il Top forse è quello meno “impattato” , a meno che non si facciano cose molto strane e mosse. Il canale LFE se ci si limita ad usarlo come tale,ovvero a non mandarci cose “esclusive”, ma solo come rinforzo in basso , potrebbe essere previsto. Detto questo però mi sento di dire, che il successo di ATMOS a differenza di tutti i sistemi multicanali precedenti, sta proprio nella scalabilità. Sicuramente più efficace in “ascolto”, ma secondo me può avere senso anche in produzione. Oltretutto se parliamo di Atmos Music. Se misso un FIlm in Binaurale è probabile che farò uno schifo, se è destinato all’ascolto in Sala Cinema. E i motivi li possiamo immaginare. Per la musica bè…. solito discorso , quanti ascolteranno i brani Atmos Music in un ascolto FISICO Atmos? su 100 persone ? 10? e mi so tenuto largo, di cui 8 con un qualche tipo di soundbar , 2 con ascolti Atmos Seri, la platena ascoltera musica Atmos in cuffia, e non credo molto ad un futuro rilancio dell’abitudine ad ascoltare musica con un sistema Atmos HI Fi casalingo, anche abbassando i costi. Le Nuove generazioni hanno una fruizione della musica totalmente passiva, mentre fanno altre 400 cose Quindi per me si andrà sempre più verso un “immersione” con cuffie , occhiali, in-ear quello che sia… Quindi per dire, che con la giusta esperienza e ALMENO un ascolto 7.1 fisico, si può a mio avviso affrontare un Mix o una produzione Atmos Music in Cuffia Binaurale, proprio perchè la maggio parte della platea ascolterà il binaurale, e un ascolto fisico 7.1 può darti conferma almeno di quello che a mio avviso è il pericolo numero 1 :Il canale C. E anche il canale LFE lo controlli. Rimane fuori il Top, ma che sopratutto nella musica, sarà impattato in maniera meno evidente. Ovviamente parlo di lavorare in Cuffia, con un eccellente cuffia, calibrata. Chiaro stiamo parlando non della situzione ottimale, ma secondo me se Atmos Music avrà veramente successo, questo sarà proprio perchè questo approccio avrà funzionato, e avrà esteso la possibiltià di produrre in Atmos Music a molti , lasciando per le produzioni con più budget la possibilità di andare a rifinire il tutto in una sala Atmos adeguata. Altrimenti non so quanto possa funzionare a livello Globale e non diventare una bolla di sapone e destinato solo alle grandissime produzioni. Scusate il pippone…ho provato a non allungare troppo ma non ci so riuscito 😀