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Richard Serra: Animal habitats live and stuffed

La ricostruzione di una mostra d’arte

di Fabio Valerini

Perché ricostruire una mostra d’arte avvenuta molti anni fa? È questa la domanda che ci pone l’esposizione Richard Serra: Animal habitats live and stuffed… Roma, La Salita, 1966 organizzata a Roma al MACRO  e visitabile sino al 9 ottobre 2022.

Una risposta potrebbe essere che una mostra non è soltanto un’occasione per esporre opere d’arte facendo conoscere l’artista, ma può arrivare ad essere essa stessa un’opera d’arte specialmente se la mostra è pensata per offrire al visitatore un’esperienza.

Ebbene, leggendo le biografie di Richard Serra e le voci a lui dedicate su Wikipedia troviamo sempre un riferimento alla mostra romana organizzata nel 1966 alla galleria La Salita.

Questa mostra viene indicata come la sua prima mostra personale e come fonte di ispirazione per altri artisti (qualche anno dopo Jannis Kounellis portò a Roma alla galleria L’Attico 12 cavalli), per l’avvio dell’arte povera e per la considerazione dell’animale come oggetto d’arte.

La prima mostra di chi poi è diventato un famoso artista è un’esperienza che può aver lasciato un’impronta nel campo artistico e rappresenta un’occasione che giustamente spinge nella scelta di ricostruire l’evento.

Consentire molti anni dopo a quanti non erano presenti di ricostruire o semplicemente poter immaginare (e perché no anche rivivere) l’effetto che aveva suscitato una mostra è un’operazione, se vogliamo, di archeologia artistica (o di ricostruzione filologica mutuando l’espressione usata da Federica Pirani) volta a far rivivere esperienze (la mostra e il messaggio che voleva trasmettere) più che soltanto  oggetti materiali (le singole opere d’arte esposte).

Un’operazione ancora più necessaria, se vogliamo, quando le opere d’arte consistono in performance o quando l’allestimento della mostra è esso stesso un’opera d’arte, o ancora quando un’opera site-specific concepita per un certo contesto, viene spostata.

È il celebre caso proprio di un’opera di Richard Serra, Tilted Arc del 1981, che, dopo essere installata nella Federal Plaza di New York City venne rimossa su richiesta dei cittadini: immediate le rimostranze dell’artista, ma anche una causa legale che però gli negò ogni diritto di pretendere il mantenimento dell’opera che aveva ceduto nell’originaria collocazione.

Far rivivere esperienze, peròpuò rilevarsi un’operazione certamente non facile perché, ad esempio, sono necessarie fonti che, a distanza di tempo e di tecnologie, potrebbero non essere (più) disponibili.

Nel caso della mostra  Animal habitats live and stuffed si erano perse le tracce dei materiali utilizzati, ma il ritrovamento di materiali d’archivio, del catalogo della mostra (il cui valore su alcuni siti si aggira oggi intorno ai 1500 euro) fotografici e un cinegiornale d’epoca  hanno consentito una prima ricostruzione del contesto.

Forse potrebbe aiutare a immaginare l’impressione che può avere suscitato la mostra nel visitatore dell’epoca un evento certamente singolare.

Pensiamo, infatti, agli occhi di quel vigile urbano che, entrato nella mostra e trovandosi davanti gabbie e animali vivi oltre che impagliati, multò l’organizzatore della mostra Liverani perché la sua licenza d’esercizio era per vendere opere d’arte e non animali.

Forse anche grazie agli autorevoli pareri di Giulio Carlo Argan e Palma Bucarelli il giudice si convinse che quelle erano vere e proprie opere d’arte.

Ma riproporre un evento, un’esperienza del passato deve poi tenere conto di alcuni fattori non trascurabili: il tempo scorre e con lui il contesto culturale di riferimento può mutare.

E non è soltanto l’ovvia considerazione che quel che poteva apparire innovativo un tempo non lo è molto tempo dopo (ma per questo si può offrire al visitatore un viaggio indietro nel tempo ricostruendo uno spaccato della società dell’epoca).

Quel che può essere cambiata è la sensibilità per certi temi: se ripropongo oggi un evento quell’evento potrebbe essere avvertito come alieno, potrebbe generare ostilità e potrebbe essere forse anche illegale.

Ci furono polemiche, ad esempio, quando a New York si scelse di ripresentare al pubblico la mostra di Jannis Kounellis 12 cavalli.

Così, se nel 1966 l’esposizione di animali vivi in gabbia (pur alimentati dallo stesso Serra che se ne prendeva cura così prendendosi cura dell’opera) nel contesto di una mostra d’arte poteva non aver urtato la sensibilità di molti, oggi urterebbe la sensibilità di molti, ma si dovrebbe confrontare anche con le norme di legge che nel frattempo sono state approvate a tutela degli animali come esseri senzienti e non più come meri oggetti.

Il tema del rapporto tra arte contemporanea e animali appare quindi ancora critico come dimostrano, tra le altre, le opere di Maurizio Cattelan e di Hermann Nitsch o la mostra laboratorio Botanica Temporanea. L’arte dei Giardini invisibili tenutasi a Firenze.

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