giovedì, Aprile 25, 2024
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Gli echi di una guerra

di Ermannomaria Capozzi

Un cliente già alle nove mi chiama perché è arrabbiato, in quanto non gli consegnamo la merce in tempo per l’ apertura. La signora delle pulizie non è contenta per come la tratta il condominio. Un mio amico mi chiama,ed è felice perché ha rimorchiato una ragazza ad una festa ieri. Il barista dove prendo il caffè è angosciato per l’aumento delle bollette. Prendo la mia auto, comincio una giornata normale di lavoro, con tutta la dose di cose belle e brutte, normali angosce e felicità di una vita ordinaria.
Ma ad un certo punto passo davanti la fermata di metropolitana Lucio Sestio, vedo l entrata scivolare nel sottoterra.
Un immagine mi risuona nell’anima, un suono cupo. Penso alla popolazione di Kiev che scappa per il suono di una campana e si rifugia nella metropolitana per rifugiarsi dalle bombe.
La metro, simbolo di una vita frenetica verso il lavoro, verso la vita, diventa ora meta di disperati in cerca della salvezza.
Quelle oscure viscere della terra che ci portano verso la moderna visione di una vita fatta di “vai”, piena di “fai”, diventano ora un obsoleto “stop”, un antiquato “no”.
Famiglie che prendono la metro per andare al cinema o al luna park si accalcano ora verso la salvezza.
Non si paga più il biglietto verso il treno della metro, ma un prezzo ben più alto, la paura, la miseria.
Cogliamo una preghiera tra le famiglie nelle gallerie, sentiamo un grido dei bambini tra i binari, vediamo un bacio d’innamorati nella stazione fantasma di un mondo sospeso.

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