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Le liberalizzazioni economiche come giustizia sociale e base per la crescita

Chi oggi ha più di 45-50 anni ricorderà chiaramente come funzionavano le cose prima del Gennaio 1998, quando l’allora Ministro dell’industria Luigi Bersani, liberalizzò con un decreto molti settori del commercio italiano. Prima di quella che venne chiamata ‘prima lenzuolata Bersani’ a cui seguirono molte altre, tese a liberalizzare diversi settori, le cose erano diverse da come le vediamo adesso. Ad esempio, per aprire un negozietto per vendere vestiti, il candidato sarebbe dovuto andare al Comune, verificare se ci fosse spazio nella zona per aprire tale negozio, sulla base del Piano Commercio deciso da politici, spesso incompetenti della materia ma competenti di quella clientelare, e nel caso ci fosse stato posto libero per quella attività, chiedere la licenza che sarebbe stata assegnata tra i richiedenti con procedure a dire poco discutibili, oppure avrebbe dovuto acquistare una Licenza commerciale da chi ne aveva una, di fatto anche non  attiva ma detenuta in maniera parassitaria al fine di lucrare sulla base di una posizione acquisita in precedenza.

A dirla proprio tutta, non tutti i meriti vanno all’allora Ministro Bersani, infatti il decreto legislativo 16 Marzo del 1999, n. 79 detto anche solo Decreto Bersani dal nome del suo ispiratore, è stato un atto normativo della Repubblica Italiana di recepimento della direttiva comunitaria 96/92/CE del Parlamento e del Consiglio Europeo del 19 Dicembre 1996 a cui seguirono altri provvedimenti tra cui l’ultimo della serie, quello del 31 Gennaio 2007 n. 7 convertito in legge il 2 Aprile del 2007 n. 40 avente l’intento di tutelare i consumatori e promuovere la concorrenza e snellire la burocrazia.

In un soffio l’Italia fu liberata da sistemi che impedivano la concorrenza, da situazioni che producevano rendite di posizione ingiustificate, furono eliminate le penali per la estinzione anticipata dei mutui, furono eliminate le tariffe minime dei professionisti, insomma fu dato uno scossone alla economia con le conseguenze positive che andremo adesso ad esaminare.

Prima tra tutte ci fu una giustizia di uguaglianza tra i cittadini, ovvero la questione legata alla possibilità di esercitare un commercio o una attività senza garantire un numero chiuso redditizio per chi già quella professione o attività svolgeva precedentemente. A questo punto ad esempio, mentre prima il bar della piazza nota X, poteva avere una rendita dettata dalla posizione e dal fatto che nessuno poteva posizionarsi dove stava lui, adesso doveva fare i conti con la brutta bestia (per lui si intende) chiamata concorrenza.

Il risultato positivo è derivato dalla volontà di sopravvivenza degli operatori: finalmente per sopravvivere dovevano offrire un migliore servizio al cliente senza contare sulla posizione commerciale e sulla scarsità di altri concorrenti. Oltretutto, chi ha vissuto negli anni antecedenti questo pacchetto normativo, ricorderà senza meno i Sabato Pomeriggio e le domeniche commercialmente deserti dovuti un po’ alla pancia piena ed un po’ alla normativa che imponeva perfino gli orari di apertura e chiusura. Oggi sembra impossibile, ma questo è successo realmente e si può dire con orgoglio che la nostra Europa ci ha liberato con quella che fu chiamata “libertà” di insediamento delle attività economiche, ovvero la libertà di operare in qualsiasi territorio della Comunione europea senza avere paletti più o meno nascosti a creare un ostacolo.

Stessa sorte subirono le attività della distribuzione di carburanti nel 1998 con il decreto legislativo n. 32 che consentirono a molti di realizzare impianti di distribuzione di carburanti ed accessori (bar tabacchi etc.) ovunque fosse stato commercialmente attrattivo (nel rispetto delle altre norme di settore quali quelle stradali, urbanistiche etc.)

Oggi non se ne parla più ma all’epoca mi ricordo le discussioni filosofiche o pseudo-tali con commercianti che venivano detronizzati e che si affacciavano al mondo reale della libera concorrenza. Molti addirittura si lamentavano del fatto che non potevano avere una sorta di liquidazione derivante dalla vendita della loro Licenza, si intende non dell’avviamento ma della mera Licenza numerica, che avrebbe consentito loro di operare in altri luoghi scelti dall’acquirente.

Molti cittadini, liberati, ma con capacità, iniziarono una attività nel settore dove erano competenti ma dove prima non era possibile operare per i suddetti paletti: aprirono nuovi Bar, negozi specializzati nelle vendite più disparate, cambiarono gli orari e si iniziò a vedere qualche apertura la Domenica, il Sabato pomeriggio, insomma ci fu una rinascita commerciale.

Certo, dopo questa liberalizzazione che si pensava da parte di qualcuno come l’assassina delle attività al dettaglio, si cominciò ad affacciare in sordina, quella che realmente si dimostrò come la vera artefice di un attacco al Commercio al dettaglio: Amazon nel 2010.

Anche qui, andiamo a vedere come questo avvento, ovvero l’ingresso di Amazon in Italia nel 2010 influì sul commercio Italiano che viveva di liberalizzazioni appena introdotte.

Molti chiusero ed ancora oggi stanno chiudendo, principalmente si tratta di chi offre beni che possono essere più facilmente acquistati on-line: oggetti di larghissimo consumo e di basso valore aggiunto. Ma come le liberalizzazioni aiutarono il residuo commercio in questa transizione di acquisti digitali? Lo fecero attraverso la possibilità di cambiare pelle come fa un serpente ad ogni cambio di stagione: in maniera naturale e veloce.

Insomma, anche per molti che prima si lamentavano delle liberalizzazioni, quella fu una occasione per sopravvivere alla avanzata del nuovo.

Oggi sopravvivono ad Amazon le attività che svolgono vendite che possono essere fatte più velocemente di Amazon nei negozi di vicinato per prodotti il cui acquisto non può o non vuole essere spostato avanti nel tempo, oppure, e qui c’è la rivoluzione del commercio al dettaglio, la vendita di un prodotto che vuole essere una esperienza per chi lo acquista. Mi riferisco ad esempio all’acquisto di uno strumento musicale dove ci sia l’esigenza di acquistarlo provandolo e confrontandosi come il commerciante che, in questo caso, esce dal bancone per condividere tale esperienza, offrendo anche una assistenza in fase di acquisto oppure futura, diversa dalla gelata vendita on-line dove (come succede su Amazon) addirittura le risposte alle domande sull’articolo, non le offre il venditore ma gli altri acquirenti dello stesso prodotto.

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