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Il fuoco di paglia del 110% e dei modelli fallimentari per la crescita italiana

di Furio Capozzi

Sono oramai 30 anni che l’Italia propone modelli di crescita fallimentari per un paese avanzato, ovvero modelli di crescita che incentivano le piccole imprese specializzate in settori poco oppure del tutto non innovativi. Basati su modelli che oramai non producono una occupazione stabile, un progresso oppure una crescita ed un benessere collettivo di una nazione. 

Le evidenti responsabilità sono molto diffuse, partono dalle classi dirigenti oltre che dalle classi imprenditoriali. Le cause sono invece convenienze di breve periodo, che però non fanno altro che trascinare lo Stato Italiano verso il declino inesorabile. Andiamo a vedere le misure del PNRR approvato dal Governo Draghi si tratta di un totale di circa 220 miliardi e nel dettaglio raccolte in 6 missioni. Cercheremo poi di capire quali possono essere i punti critici di queste misure, ancora in fase di sviluppo:

  1. Digitalizzazione, innovazione, Competitività e Cultura: connettività BUL (Banda Ultra Larga) della rete internet e connessione di case civili e edifici scolastici e sanitari. Rete 5G nelle zone depresse economicamente e senza sviluppo del sistema. Agevolazione della Pubblica Amministrazione verso il Cloud e per il turismo, valorizzazioen dei siti storici con miglioramento delle strutture turistiche-ricettive.
  2. Transizione ecologica e rivoluzione Verde:  interventi tesi a migliorare la sostenibilità e resilienza del sistema economico ed ad assicurare una transizione ambientale equa ed inclusiva. Nel dettaglio riciclo del 65% dei rifiuti plastici e 100 % di quelli tessili a livello nazionale. Rinnovo del Trasporto pubblico locale ed efficientamento energetico con misure per 50.000 edifici all’anno. Importanti misure per gli investimenti della produzione di energia con fonti rinnovabili. E semplificazone delle procedure autorizzative. Sostegno della filiera energetica di produzione dell’Idrogeno. Riduzione del dissesto idrogeologico e delle perdite della rete idrica.
  3. Infrastrutture per mobilità sostenibile. Sviluppo di un trasporto moderno e sostenibile. Riduzione della velocità sulla principali tratte ferroviarie. Digitalizzazione della catena logistica, miglioramento dei sistemi portuali. 
  4. Istruzione e ricerca. Rafforzamento del sistema educativospecie negli asili nido e nelle scuole materne. Aumento dei dottorati di ricerca di 3000 unità, ristrutturazione di 2,5 milioni di mq di strutture scolastiche. Realizzazione di percorsi scolastici professionalizzanti e dei percorsi di trasferimento tecnologico
  5. Inclusione e coesione. Facilitazione per il mercato del lavoro, sviluppo dei centri di impiego e della imprenditorialità. Rafforzamento dei sistemi dei servizi sociali. Ad esempio i Comuni potranno favorire una vita autonoma ai portatori di disabilità. Investimenti infrastrutturali di rigenerazione nelle zone periferiche delle città.
  6. Salute. Rafforzamento dei servizi di prevenzione sanitaria territoriale anche mediante accesso equo alle cure. Potenziamento della assistenza domiciliare. Elaborazione e diffusione dettagliata del Fascicolo SanitarioElettronico. 

Queste sono le misure proposte. Tra queste misure manca un serio approccio alla questione della concorrenza, ovvero l’unica misura che consentirebbe un incremento qualitativo della produzione delle imprese. In qualche, serie misure di liberalizzazione dei mercati, sono il più importante indicatore della capacità di un paese di reagire agli scossoni della globalizzazione selvaggia che precedenti governi hanno imposto all’Italia. Inoltre non c’è una focalizzazione sulla agevolazione alle imprese che promuovono tecnologie oppure business all’avanguardia, creativi. Un altra mancanza è la assenza di seri incentivi a quella parte di terzo settore oppure di formazione privata che propone cultura e formazione professionale in maniera inclusiva ed economica, se non gratuita, e che quindi aiuta le persone ad inserirsi nel mondo del lavoro. In sostanza si passa sempre dai vecchi modelli dei centri dell’impiego da potenziare, come se il problema fosse la mancanza di capacità di reperimento delle informazioni su dove trovare il peronale, gia specializzato, mentre il problema è la mancanza di specializzazioni nel peronale che si propone, specie nel periodo di iperconnessione digitale, questo è un errore macroscopico. Oltretutto non dobbiamo dimenticare tutta la questione della perdita di risorse che lo Stato Italiano ha fatto subire ai suoi cittadini con provvedimenti totalmente sbagliati, in quanto scritti male da persone incompetenti e sull’onda della emergenza Socio-Politico-Sanitaria: si tratta della emoragia del 110% in edilizia, che ha causato al momento, ma la stima è pessimistica, una perdita di 50 miliardi di euro per opere private pagate dallo stato, ed eseguite da dittarelle che senza storia, capacità, adeguata direzione tecnica, sono nate come i funghi e come i funghi spariranno senza portare a termine seriamente il loro lavoro. Abbiamo già visto enormi importi rubati allo stato con sistemi truffaldini delle anticipazioni, fallimenti dopo gli anticipi etc. Etc. A tutto questo si aggiunga la follia della selvaggia ma prevedibile inflazione che sta viaggiando a due cifre, proprio in conseguenza delle misure di assistenzialismo nel settore dell’edilizia,e dei rincari dovuti ad una domanda che è cresciuta in un tempo troppo ridotto per stabilizzare il mercato relativo. Insomma un fuoco di paglia che non crea occupazione stabile. Vedremo lo svilupparsi dei provvedimenti esecutivi che daranno una forma definita al PNRR, ma al momento sembra di vedere la applicazione di vecchi modelli ad una società dinamica che è immersa in un mondo globalizzato, e globalizzato male. Chiudiamo con le parole del Senatore D’Alema in relazione alla questione della globalizzazione selvaggia, di cui lui stesso si ritiene colpevole, per non averne capito la portata negativa.

Il Senatore D’Alema

Al festival dell’economia di Trento ha detto :”Alcuni aspetti della globalizzazione sono irreversibili, altri sono in crisi” ha esordito D’Alema, aggiungendo poi: “Siamo di fronte a un grandissimo problema: abbiamo pensato, questo a partire dagli anni Novanta, che la fine delle Guerra Fredda e il crollo del comunismo avrebbero dato luogo a un nuovo ordine mondiale fondato sulla globalizzazione capitalista. Ma questa globalizzazione aveva un deficit di carattere politico: la globalizzazione economica infatti non cancella i conflitti di civiltà, ha bisogno di essere governata dalla politica. E questa non c’è stata. Questo vuoto si manifesta e si vede soprattutto in questi giorni” aggiugendo ancora ”In che modo l’Europa, e l’Occidente, pensano di ricostruire un ordine sostenibile, senza rinunciare a propri valori e ai propri equilibri? È un problema politico, ma non si risolve mandando le armi a chi è stato aggredito. E cosa succederà dopo, qualcuno se lo sta chiedendo? Qual è il piano della classe dirigente dell’Occidente? Che mondo immaginano? Io oggi questo non lo capisco. E, devo ammetterlo, la cosa mi spaventa”.

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