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Le occupazioni studentesche

Tra opportunità' e legalità

di Furio Capozzi

Come ogni anno, specialmente nelle scuole superiori, sono iniziate le occupazioni studentesche. E come ogni anno, ci si domanda quale sia lo scopo di queste occupazioni, quale siano le opportunita’ che ne scaturiscono e quali siano i punti critici di legalita’ derivanti da questi eventi. 

Innanzitutto va detto che gli studenti praticano le occupazioni oramai dagli anni sessanta, e la motivazione e’ la protesta nei confronti di un sistema in cui non si riconoscono oppure che vorrebbero modificare. E’ fuori discussione che in molti Istituti scolastici, nonostante siano passati decenni ed il mondo sia cambiato radicalmente, il sistema di insegnamento ed i programmi restino ancorati agli anni settanta. Ed il risentimento dei giovani, si intende quelli che realmente credono nelle motivazioni delle occupazioni, e non quelli che ne traggono l’opportunita’ semplice di non andare a scuola, in molti casi e’ giusto e condivisibile. Negli anni si sono susseguite le denuncie da parte dei Presidi, i quali si rivolgevano alle forze dell’Ordine per ripristinare una legalita’ presuntivamente lesa. Le risposte della procura della Repubblica e della magistratura a seguire sono state contrastanti. Da una parte la Procura di Roma, ad esempio, si e’ recentemente espressa su questo delicato tema delle occupazioni dichiarando che gli studenti che prendono possesso di un edificio scolastico, con questa forma di protesta, non fanno altro che esercitare un diritto costituzionale alla ‘riunione e manifestazione’ (art. 17 della Costituzione). Quindi, secondo la Procura della Repubblica di Roma, le occupazioni studentesche non integrerebbero il reato di interruzione di pubblico servizio, in quanto “gli studenti devono essere considerati soggetti attivi della comunita’ scolastica e partecipi alla sua gestione” .

Di parere contrario la Cassazione che in una espressione (Sentenza Sez. V Penale, 23 feb. 2016 n. 7084) ha sancito che “punto 2 delle motivazioni: I giudici di merito non hanno affatto negato al ricorrente la titolarita’ al diritto di sciopero (peraltro difficilmente riconducibile alle situazioni soggettive ravvisabili in capo allo “studente”), di riunione o di manifestazione del pensiero; hanno chiaramente confermato- in aderenzaalla giurisprudenza di questa Corte (cass. n. 12464 del 2-7-1980) che lo stesso esercizio di diritti fondamentali, quali quello dello sciopero, riunione e manifestazione, cessa di essere legittimo, quando travalichi nella lesione di altri interessi costituzionalmente garantiti”; esattamente come avenuto nella specie, giacche’ l’occupazione temporanea della scuola (per circa due ore) “ ha di fatto impedito ai non manifestanti di svolgere le consuete attivita’ di studio per un tempo apprezzabile, con conseguente ingiustificata compressione dei loro diritti…”

Quindi, al di la della opportunita’ di dibattici critici, manifestazioni e riunioni, derivante dalla occupazione, lo studente che occupa la scuola deve accertarsi che, a causa della sua occupazione, non vengano interrotte le attivita’ didattiche. Quindi potrebbe occupare aree della scuola che non sono permanentemente dedicate alla didattica formale oppure concordare con la direzione della Scuola quali possono essere le zone da occupare per le attivita’ extrascolastiche autogestite o per le manifestazioni. Insomma un tema complesso che andrebbe affrontato in via definitiva dalla politica per evitare situazioni di imbarazzante contrasto istituzionale. 

Furio Capozzihttps://atenapress.online
managing editor di Atena Press

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